“Piero Bigongiari Lecture 2025” del poeta iraniano Garous Abdolmalekian: “Il riparo delle sillabe e delle parole: Accogliere i pellegrini”. Dà il titolo al volume “Il riparo delle sillabe e delle parole”, a cura di Paolo Fabrizio Iacuzzi, che contiene anche le altre lezioni dei sei poeti finalisti ai Premi Ceppo sulle Opere di Misericordia corporale, ispirate al fregio dell’ex Ospedale del Ceppo.
In un torrido giorno d’estate del 1948, nelle settimane successive all’esilio forzato sull’isola di Makronissos (Cipro) del grande poeta e amante della libertà Ghiannis Ritsos (1909-1990), uno dei suoi compagni di prigionia gli disse: “Convinto che molti dei nostri amici combattenti non avrebbero potuto sopportare le condizioni in cui ci troviamo, mai avrei pensato che tu, con il tuo corpo così scavato e gracile potessi continuare a resistere in simili condizioni”.
L’esilio di uno tra i più grandi poeti greci di sempre, e in particolare del Novecento, sarebbe durato fino al 1952 e avrebbe seguito la sorte di molti suoi compagni, imprigionati e torturati anche nelle isole egee di Limnos e Aï-Stratis. Nel periodo della guerra civile, la poesia di Ritsos fu spesso vietata dal regime autoritario per la vicinanza politica del poeta al Partito comunista greco.
Riferendomi a questo episodio vorrei iniziare dicendo che la vera domanda sarebbe: come e perché il nostro poeta ha potuto resistere così a lungo? Quale forza ha generato la parola poetica nell’animo di questo stanco e smarrito pellegrino del mondo, tanto da permettergli di sopportare tormenti e torture restando fermo, incrollabile sul cammino dei suoi ideali di libertà e di giustizia?
Se idealmente avessi potuto parlare con il compagno di cella del poeta, gli avrei detto: “dimentica le ossa fragili del suo corpo, guarda i possenti muscoli della sua anima, guarda! È come se il suo corpo interiore trasportasse sulle spalle il suo corpo esteriore. I muscoli della conoscenza, dell’immaginazione, delle emozioni, senza dubbio in gran parte scolpiti e potenziati dalla poesia!”.
Tuttavia, mettiamo da parte Ritsos come poeta e consideriamolo quale semplice interlocutore o viaggiatore dall’anima fusa con la parola poetica fino a diventarne tutt’uno. Chiediamoci: quale dono, dovizia e potere riceverà dalla poesia, chi le aprirà la finestra della propria anima fino in fondo, invitandola negli angoli più profondi e taciuti della sua solitudine?
Ho iniziato questo discorso menzionando in modo emblematico Ghiannis Ritsos per conferire una certa concretezza al concetto, altrimenti si potrebbero tranquillamente menzionare, al posto di questo naufrago della poesia, altre figure, nelle cui vene, anziché sangue, scorre ugualmente l’energia poetica. (…)